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Il tutù: una storia italiana

1024 683 Elena Canti

Il tutù è il simbolo indiscusso delle ballerine classiche, portatore sulla scena di eleganza e raffinatezza. Non tutti, però, sanno che la sua comparsa è dovuta ad una straordinaria ballerina italiana dell’Ottocento, che l’ha reso celebre. Chi è questa donna? Come nasce la storia del tutù? Ora ve lo racconto.

Un salto nel passato:

Quando pensiamo ad una ballerina classica la immaginiamo quasi sempre in bianco, avvolta da una leggera gonna in tulle. Questo tipo di abbigliamento è per noi oggi un grande classico, ma non è sempre stato così. La storia della danza classica, infatti, si è sempre evoluta insieme a quella della moda.

Il balletto classico ha origini rinascimentali, ma si afferma in maniera professionale nella seconda metà del Seicento, quando Luigi XIV fondò a Parigi l’Académie Royale de Danse. All’epoca i ballerini indossavano maschere, parrucche, scarpe col tacco e vestiti ingombranti. Indumenti e accessori che limitavano notevolmente la libertà di movimento degli artisti. Le donne, in particolare, erano vincolate da bustini con stecche, corpetti, gonne lunghe e sopragonne sorrette da pesanti paniers (una sorta di impalcatura fatta con stecche rigide).

Ma perché mettersi addosso tutta questa roba per danzare? Ai tempi era usanza utilizzare i vestiti della vita quotidiana (nobiliare o plebea che fosse) anche durante le rappresentazioni artistiche. C’è da dire, inoltre, che questi costumi non erano solo pesanti, ma anche molto ingombranti. Talmente tanto che i ballerini non potevano ballare in coppia. Il balletto si svolgeva infatti a distanza obbligata.

Dal seme al fiore:

Le rivoluzioni non nascono mai dall’oggi al domani. Avvengono sempre in tre processi: la semina, la maturazione e il raccolto. La semina, in questo caso, è la voglia di libertà dei ballerini. Dei loro corpi, che chiedevano di potersi esprimere senza vincoli. La maturazione è invece un momento di trasformazione. Nel caso della danza settecentesca, ancora ai primi stadi, non del tutto a fuoco. Però c’era. A portarla avanti furono due donne: Marie Camargo e Marie Sallé, ovvero le due ballerine francesi migliori del tardo Settecento. Entrambe cominciarono ad alleggerire il vestiario. La prima optò per delle scarpe senza tacco e gonne più corte, mentre la seconda abbandonò l’ingombrante panier per indossare una semplice tunica “alla greca”. Si era rotto il cordone ombelicale che legava gli abiti cittadini a quelli per la danza. O quasi.

La donna che cambiò il mondo della danza classica:

Arriviamo dunque al fiore, al raccolto. Il raccolto è quella fase in cui una persona dal grande credo riesce a prendere un’idea fragile, rischiosa, diversa, e la fa diventare fede. Non propria, ma di generazioni. La donna che ci riuscì si chiamava Maria Taglioni. Una ballerina straordinaria, che viene ricordata per diversi motivi. Fu l’ambasciatrice di ben due rivoluzioni, svelate per la prima volta in un unico balletto: La Sylphide, del 1982.

Questo balletto è uno dei più celebri al mondo, chiamato anche ballet blanc. Un termine che oggi indica quella sezione del balletto nel quale dominano personaggi fantastici ed eterei, rappresentati nel costume da abiti bianchi di tarlatana o di tulle: i celebri tutù.

Maria Taglioni fu la prima ad indossarne uno, che venne disegnato per lei da Eugène Louis Lami. Egli fu pittore della Parigi alla moda, e creò per Maria un costume straordinario. Partiamo dal corpetto, che era aderente con una vita a “V”. Le spalle erano scoperte, il decolté in evidenza. La gonna sembrava una nuvola: vaporosa e a più strati, al tempo lunga fino alla caviglia.

Questo modello, artisticamente pensato da Lami e audacemente indossato dalla Taglioni, è diventato simbolo indiscusso della danza classica. Negli anni sono cambiati i gusti e le abitudini, come ad esempio la gonna oggi molto più corta, ma non la sostanza. Una sostanza portata alla luce grazie (anche) ad una grande italiana.

In punta di piedi:

Il secondo motivo per cui Maria Taglioni ha lasciato il segno nel mondo della danza classica, altrettanto importante da ricordare, è sempre legato al balletto La Sylphide, da lei eseguito per la prima volta interamente sulle punte.

Il tutù dei giorni nostri:

Il tutù indossato da Maria Taglioni si classifica nella categoria del tutù romantico. Come avrete intuito, il nome deriva infatti dal periodo in cui venne portato sul palco per la prima volta. Di quell’epoca questo tutù, nonostante oggi sia stato leggermente rivisitato e modernizzato, conserva ancora le caratteristiche fondamentali, ovvero una lunghezza che va dal ginocchio alla caviglia. Può essere bianco o colorato, ma solitamente è in tinte molto tenui, adatte ad opere romantiche e sognanti.

Esiste poi anche il tutù classico, che invece è caratterizzato da una lunghezza che non supera mai il ginocchio. Questo tipo di tutù è stato pensato per lasciare scoperte le gambe dei ballerini, esaltandone i movimenti. Può essere bianco o colorato, in questo caso anche in tinte sgargianti.

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